Codice Penale art. 124 - Termine per proporre la querela. Rinuncia 1 .Termine per proporre la querela. Rinuncia1. [I]. Salvo che la legge disponga altrimenti [609-septies], il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato [3381 c.p.p.]. [II]. Il diritto di querela non può essere esercitato se vi è stata rinuncia espressa [339 c.p.p.] o tacita da parte di colui al quale ne spetta l'esercizio [5432]. [III]. Vi è rinuncia tacita, quando chi ha facoltà di proporre querela ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di querelarsi [5972; 339 c.p.p.]. [IV]. La rinuncia si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il reato [110]. [1] In tema di misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, v. art. 83, comma 2, ultimo periodo, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv., con modif. in l. 24 aprile 2020, n. 27, come da ultimo modificato dall'art. 221 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, conv. con modif. in l. 17 luglio 2020, n. 77. InquadramentoL'art. 124 disciplina il termine per la presentazione della querela e l'esercizio della rinuncia. Tale termine è fissato in tre mesi dal giorno in cui il titolare del diritto di querela ha notizia del fatto costituente reato, fatte salve specifiche disposizioni di legge. Un più lungo termine (mesi sei) risulta, quindi, previsto per i reati di violenza sessuale e di atti persecutori. Quanto alla rinuncia, le regole sono: a) la rinuncia riguarda il diritto di querela in relazione al fatto-reato e, quindi, si estende di diritto a tutti i responsabili; come si è già detto, nel commento all’art. 123, l'art. 339, comma 2 c.p.p. prevede la inefficacia della rinuncia in caso di sottoposizione a condizioni, così impedendone l'utilizzo per ottenere in via indiretta l'effetto di “divisibilità” della querela. b) la rinuncia può essere espressa ovvero può essere tacita. Quest'ultima si realizza quando l'avente diritto “ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di querelarsi”. Decorrenza del termineLa individuazione del momento di inizio della decorrenza del termine, in quanto collegato non al fatto storico bensì alla conoscenza che la parte interessata abbia del fatto storico, crea evidenti problemi sia di individuazione di quale sia il grado di conoscenza del fatto che fa decorrere il termine sia di come accertarlo. In linea generale si afferma che la decorrenza vi è quando il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi consistenti, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva (Cass. VI, n. 3719/2016). Va poi distinta la conoscenza del fatto in sé dalla conoscenza di chi ne sia responsabile in concreto. Per quanto la giurisprudenza considerata sub art. 120 e 123 faccia, in linea generale, riferimento ad un atto di querela che ha quale oggetto essenzialmente il fatto in sé non rilevando se vi sia individuazione completa e corretta del/i suo/i responsabile/i, la giurisprudenza che si è pronunciata in tema di decorrenza del termine di presentazione della querela fa, invece, riferimento ad una conoscenza completa del commesso reato anche quanto a chi ne sia stato autore. La regola fissata, difatti, è che il termine di presentazione della querela decorra quando la parte ha conoscenza certa del reato sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, ritenendosi quindi necessaria anche la consapevolezza di chi ne sia stato responsabile. Non è, insomma, sufficiente sapere che il fatto sia avvenuto e non è neanche sufficiente avere un sospetto su chi possa essere l'autore (Cass. V, n. 46485/2014). La giurisprudenza non è univoca nel disciplinare il caso in cui il querelante ha elementi solo generici per la individuazione del responsabile. Ritenuto che, in un tale caso, la parte abbia necessità di svolgere accertamenti per individuare con sufficiente certezza il responsabile del reato, secondo una linea interpretativa il termine decorrerà solo dal momento in cui acquisisce l'esito delle indagini (Cass. V, n. 33466/2008) mentre altra giurisprudenza ha affermato che, in tale caso, vi è un onere a carico della persona offesa di procedere a rapidi accertamenti non potendosi riconoscerle la facoltà di posticipare in modo indefinito il termine della querela. In caso di inerzia, quindi, il termine decorre dal momento in cui il querelante sia in grado di ottenere le notizie necessarie (Cass. II, n. 7988/2017; Cass. III, n. 25986/2009); tale decisione, invero, appare introdurre incertezza nella individuazione del termine. Più particolare è l'ipotesi in cui il diritto di querela spetti ad una persona giuridica. In questo caso, non conta quando la notizia giunge a conoscenza dell'ente in quanto tale, bensì quando giunge a conoscenza del soggetto che possa agire per conto della società (Cass. II, n. 10978/2017). Anche in questo caso, poi, si è dato rilievo al momento in cui tale soggetto è in grado di dare le disposizioni necessarie per individuare il responsabile (Cass. n. 21889/2010). Tali regole devono tenere conto anche del regime della prova della decadenza. Appunto perché si tratta di decadenza dal diritto, non spetta al querelante dimostrare la intempestività, bensì tale onere della prova spetta a chi intende eccepire la tardività della querela. Tale decadenza deve essere accertata con elementi certi e non sulla base di semplici supposizioni (Cass. VI, n. 24380/2015; Cass. V, n. 2009/1985). In caso di dubbio, quindi, la situazione di incertezza andrà risolta nel senso di ritenersi tempestiva la querela (Cass. V, n. 13335/2013; Cass. II, n. 7660/1989). Reato permanente In ipotesi di reato permanente — frequente nella casistica il caso della violazione degli obblighi di assistenza familiare — si è affermato nella giurisprudenza più recente che il diritto di querela può essere esercitato nell'ampio arco temporale che va dall'inizio della permanenza fino a decorrenza del termine di tre mesi dalla cessazione della permanenza; sostanzialmente si equipara la data di decorrenza del termine per la querela alla data di decorrenza della prescrizione (che, appunto, nel caso del reato permanente decorre dalla cessazione della permanenza (art. 158, comma 1) (Cass. VI, n. 2382/2022). Altra e precedente giurisprudenza, invece, aveva ritenuto che il termine di presentazione decorre, anche per il reato permanente, dalla data di conoscenza del fatto (Cass. VI, n. 22219/2010). La querela, poi, riguarda l'intera fascia temporale di permanenza del reato attesa la sua unicità (Cass. VI, n. 2241/2011); tale querela, quindi, vale a consentire la procedibilità anche per la protrazione successiva della condotta delittuosa, senza necessità di presentazione di una ulteriore querela (Cass. VI, n. 8294/1996). Reato continuato In tema di reato continuato, anche ai fini dell' esercizio del diritto di querela va considerato come i singoli reati non perdano la loro individualità per cui con riferimento a ciascuno di essi andrà determinato il termine di presentazione della querela nonché il diritto di rinunziarvi (e, ovviamente, di rimetterla). La chiara conseguenza è, quindi, che la sussistenza del vincolo della continuazione non porta ad alcuna modifica del termine teorico di presentazione della querela che decorrerà dal momento di conoscenza di ciascun singolo reato (Cass. III, n. 54183/2018). Modalità di computo del termine Il termine per proporre la querela è testualmente fissato in “mesi” (tre) e, quindi, non può essere computato in giorni 90. G Si deve, perciò, fare riferimento al giorno del mese di inizio senza considerare di quanti giorni sia ciascun mese (Cass. V, n. 9572/2008; Cass. V, n. 40274/2005). La querela è atto recettizio che, pertanto, deve giungere a conoscenza dell'autorità competente entro la scadenza del termine. Il tema si è posto nel caso della spedizione dell'atto a mezzo posta: il rischio del ritardo di pervenimento dell'atto è, quindi, a carico della parte querelante (Cass. V, n. 6486/2005; Cass. n. 51/1988) Il termine per proporre la querela non è un termine “processuale” per cui non si possono applicare quegli istituti che riguardano i termini processuali, quali la restituzione nel termine (Cass. IV, n. 4985/1991) e la sospensione dei termini nel periodo feriale. Rinuncia tacitaI temi controversi in materia di rinuncia, ovviamente, riguardano la ipotesi della rinuncia tacita per la difficoltà di interpretazione di una incontrovertibile volontà di rinunzia. Proprio la difficoltà di interpretazione appare la ragione di una casistica giurisprudenziale molto limitata. Chiarito, quindi, che i “fatti incompatibili con la volontà di correlarsi” devono essere “seri, univoci e concludenti” (Cass. VI, n. 78/1988), si è affermato che rinunzia tacita non ricorre, ad esempio, nel caso di stipula di un contratto di transazione in ordine al danno subito (Cass. fer., n. 39184/2013) osservandosi, in questo caso, come l'articolo 339 c.p.p. tra rinunzia alla querela e rinunzia all'azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno (Cass. VI, n. 35958/2002). Anche la revoca della costituzione di parte civile ( Cass. V, n. 20260/2016 ) e l'abbandono della causa civile instaurata per ottenere il risarcimento dei danni ( Cass. V, n. 26634/2004 ) non possono essere interpretati quale remissione tacita di querela non avendo affatto un significato univoco dall'istanza di punizione. BibliografiaBisacci, Incertezze interpretative in tema di decorrenza del termine di presentazione della querela nei reati di durata, in Cass. pen. 2011, 5, 1759; Tirabassi, Onere della prova e regola di giudizio in tema di dubbia tempestività della querela, in Giur. it. 1997, II, 666. |